Andiamo a comandare. Ragazze elettriche di Naomi Alderman

Sfogliando le prime pagine di Ragazze elettriche (nottetempo, traduzione di Silvia Bre, pp. 446, 20 euro) incapperete in una folgorante epigrafe: «Per Margaret e per Graeme, che mi hanno mostrato i prodigi». So cosa vi state domandando. Margaret è quella Margaret? Sì, si tratta proprio di Margaret Atwood, scrittrice canadese ottantenne recentemente tornata sotto i riflettori grazie all’adattamento televisivo The Handmaid’s Tale tratto dall’omonimo romanzo.

Naomi Alderman – eclettica autrice inglese – ha scritto un libro, già considerato un classico del futuro, partendo da una domanda molto semplice: «Come sarebbe andata se a comandare fossero state le donne?»

Tutto ha inizio con le ragazze. In un futuro non molto diverso dal nostro cominciano ad accadere strani fenomeni: verso i quattordici, quindici anni molte di loro si accorgono di avere un dono. Una matassa alla base della clavicola, che permette loro di emettere scariche elettriche. Ed ecco che i ruoli e le posizioni di potere si ribaltano.

«Il genere è come il gioco dei bussolotti. Che cos’è un uomo? È tutto ciò che non è una donna. Che cos’è una donna? È tutto ciò che non è un uomo. Se dai un colpetto sul bussolotto, suona vuoto. Se giri il bussolotto, non trovi niente» ci ricorda Alderman.

Nella società distopica descritta in Ragazze elettriche sono gli uomini, non più carnefici, a essere all’improvviso trasformati in potenziali vittime. Di più. Bersaglio facile di violenze, soprusi, addirittura di un possibile genocidio. La rivolta è totale: dall’India all’America passando per l’Arabia Saudita. Sono le donne che, insorgendo come mai prima nella storia, prendono il potere. In Moldavia, ad esempio, nasce una sanguinosa repubblica femminile guidata dalla vedova di un dittatore.

Cosa aspettarsi da una scrittrice che ha avuto come mentore Margaret Atwood, insegna scrittura creativa all’Università di Bath ed è coautrice dell’app per smartphone Zombies, Run!, il fitness game che spinge le persone a correre inseguiti da zombie? Un’indagine sul potere – che cos’è? che forma ha? quando esiste? sono le domande che innervano ossessivamente ogni pagina del libro –  che prende il meglio delle ultime narrazione sul femminile e, letteralmente, dà loro un’ulteriore scossa. C’è il misticismo di Atwood, il mondo distopico di Ursula Le Guin – anche lei ampiamente citata nei ringraziamenti –, c’è un mix tra la nuova rabbiosa e sexy Wonder Woman e le lottatrici della serie tv Glow.

Ragazze elettriche – che diventerà presto una serie tv – inizia come il più tradizionale dei romanzi: con uno scambio epistolare tra la stessa Alderman e lo scrittore Neil Adam Armon (anagramma della scrittrice). I fili narrativi che sono inevitabilmente destinati a intrecciarsi (e a esplodere?) seguono le vicende di quattro personaggi: Allie, una ragazza abusata che decide di diventare Madre Evie, capo di una nuova setta religiosa, Roxy, figlia forzuta di un boss della malavita, Margot politica americana in ascesa e – unico maschio testimone delle vicende che sconvolgono il mondo – Tunde, affascinante reporter «per caso» deciso a raccontare la vera storia della mutazione. Un universo governato da sole donne può produrre una società migliore? No, afferma con decisione Alderman. Se i meccanismi di potere non cambiano, la fine non può che essere funesta.

Le più grandi storie raccontano ciò che sapevi già in un modo che mai avresti saputo raccontare. La narrazione di Alderman invece è capace di rinarrarti – ribaltandola – la storia fondativa del mondo.

«È questo il guaio con la storia. Non si può vedere quello che non c’è. Si guarda uno spazio vuoto e ci si accorge che qualcosa manca, ma non c’è modo di sapere che cosa sia. Io sto solo… disegnando negli spazi vuoti».

È Naomi Alderman la vera detentrice della matassa. Ecco una scintilla, ecco una nuova luce.

Illustrazione di Louise French

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