L’impronta della tradizione. Intervista a Lorenzo Flabbi e Marco Federici Solari [parte 2]

Sulle tracce della tradizione, alla scoperta de L’Orma editore. Ecco la seconda parte dell’intervista a Lorenzo Flabbi e Marco Federici Solari.

Gli anni è stato selezionato per la prima edizione del Premio Sinbad, dedicato all’editoria indipendente. Qual è stata la vostra esperienza?

Marco: Per noi è stata un’esperienza particolare. Abbiamo partecipato al premio con un libro che stava già funzionando. L’arrivo de Gli anni in libreria è stato preceduto da Il posto, un romanzo che è stato accolto benissimo dalla critica, dai librai, dal pubblico. Ci siamo quindi trovati con un testo che stava funzionando, a cui il Sinbad ha dato un supporto. In sé l’iniziativa è molto ambiziosa: istituire un premio per gli editori indipendenti che non guardi solo a questo mondo.

Un aspetto del Sinbad che trovo interessante è il rapporto con i librai. Rapporto che, forse, ha rischiato di perdersi nella seconda fase del premio. Dopo una prima scrematura – operata da librai, bibliotecari, circoli di lettura, blogger – si arrivava infatti a un gruppo di critici, scrittori che hanno potuto cambiare la decina che era stata scelta precedentemente. Ecco, parlandone con diversi librai, si percepiva una sensazione di esclusione. Questo può essere l’unico elemento negativo… al netto del fatto che siamo al primo anno, e che ha avuto una visibilità più che soddisfacente. Anche se, in realtà, non abbiamo avuto una percezione precisa della eco che ha avuto al di fuori del nostro mondo.

L’arrivo de Gli anni in libreria è stato preceduto da Il posto, un romanzo che è stato accolto benissimo dalla critica, dai librai, dal pubblico. Ci siamo quindi trovati con un testo che stava funzionando, a cui il Sinbad ha dato un supporto. In sé l’iniziativa è molto ambiziosa: istituire un premio dedicato all’editoria indipendente che non guardi solo a questo mondo.

Lorenzo: Se ne è parlato molto nel nostro ambiente, ma non sappiamo quanto sia uscito dalla membrana – quella della piccola e media editoria – in cui noi siamo completamente avvolti.

Sicuramente, per il futuro del Sinbad, sarà fondamentale avere un’alta richiesta di rigore per quanto riguarda la scelta dei giurati. Selezionare giurati di competenza, con standard molto elevati; non chiamare in giuria nomi molto noti semplicemente perché noti. In quell’ambito la grande editoria stravince. Ne parleremo anche con gli organizzatori del premio il prossimo anno… Da parte nostra viene un po’ dal cuore la richiesta di rapportarsi con persone realmente competenti.

Due titoli del vostro catalogo che consigliereste.

Lorenzo: Un libro di grandissimo godimento: Le storie assassine di Bernard Quiriny. Un libro che è una festa, una girandola di idee, di fantasia e di divertimento. Ti diverti perché capisci che l’idea che fa scattare il meccanismo del racconto da parte di Quiriny è utilizzata al suo meglio. Anche perché a volte è un po’ trattenuta. Leggendo hai l’impressione che l’autore stia alzando le sopracciglia, e non stia ridendo assieme a te, ma se la rida sotto i baffi per farti ridere. Le storie assassine è un libro che mi sento di consigliare a chiunque, a te per prima.

Marco: Una bella storia di come i libri possono trasformarsi durante il percorso editoriale è Scrissi d’arte di Tommaso Pincio.

Pincio ha scritto moltissimi testi d’arte che era, per certi versi, restio a raccogliere in un volume. In una conversazione telefonica con il curatore della collana Fuori Formato, Andrea Cortellessa, è emerso questo titolo che l’ha convinto. Come per magia: pronunci una cosa e quindi si materializza… c’era il titolo, doveva esserci il libro – un po’ al contrario de L’Orma editore.

L’idea originaria era quella di raccogliere tutti i suoi scritti che, a conti fatti, erano molti. Rischiava di essere un’operazione testamentaria anche perché Pincio non ha affatto smesso di scrivere d’arte… non aveva senso volere qualcosa di completo e, d’altra parte, non era possibile ottenerlo. Con grande intelligenza Tommaso è riuscito a fare un’operazione di taglio, ricomposizione e montaggio cinematografico dei suoi testi. Testi in cui racconta l’occasione in cui sono nati andando a costruire, da un parte, un dialogo tra l’io di oggi e l’io di ieri, dall’altra costruendo un’autobiografia di una storia molto particolare: la storia di una artista che partiva come pittore e poi ha dovuto combattere, ha dovuto soffrire per trasformarsi in uno scrittore.

Lorenzo: Il mio secondo consiglio è il ventesimo numero dei nostri pacchetti. Per il decimo numero avevamo fatto un pacchetto doppio che raccoglieva racconti – non lettere come in tutti gli altri pacchetti, non selezione dagli epistolari – ma tre racconti a tema postale di Edgar Allan Poe.

Per il ventesimo affrontiamo uno dei più straordinari epistolari amorosi del Novecento: quello di Guillaume Apollinaire alla sua amata, Lu. Il titolo che abbiamo scelto – i titoli sono opera dell’autore stesso – è tratto da una lettera in cui Apollinaire scrivendo a Lu a proposito del fatto che quest’ultima è già innamorata di un altro uomo, le dice: Io ti amerò di un amore nuovo.

In questa frase è racchiuso il tentativo di Apollinaire di amare in maniera nuova ed è un tentativo che attraversa il rapporto tra questo grandissimo poeta e questa donna dalle molte sfaccettature. Nonostante sia stata una relazione breve, che è durata poco – Apollinaire muore subito dopo la Prima Guerra Mondiale – si tratta di un epistolario di grandi momenti amorosi, che traccia un percorso particolare che traccia un percorso particolare. Un epistolario molto erotico, molto forte. La sensualità o la sessualità sono presenti tra le pagine. Leggendolo sarete investiti da un’ondata di amore e desiderio che, secondo noi, lo rendono straordinario.

Il titolo che abbiamo scelto – i titoli sono opera dall’autore stesso, scegliamo sempre una frase dell’autore – è tratto da una lettera in cui Apollinaire scrivendo a Lu a proposito del fatto che quest’ultima è già innamorata di un altro uomo, le dice: Io ti amerò di un amore nuovo. Un epistolario molto erotico, molto forte. La sensualità o la sessualità sono presenti tra le pagine. Leggendolo sarete investiti da un’ondata di amore e desiderio che, secondo noi, lo rendono straordinario.

Marco: Io resto su un autore che ha in sé queste potenti spinte del desiderio e della sessualità: Maxim Biller con Taci memoria. Maxim Biller è un caso come quelli che citavamo prima: un autore notissimo, molto importante in Germania, di cui abbiamo il privilegio di portare per la prima volta i testi nel nostro paese.

L’autore ci ha concesso di scegliere nove suoi racconti – lui è un grandissimo scrittore di racconti – dalla sua prima raccolta scritta nel 1990 all’ultima del 2013. Il lettore italiano si ritrova davanti venticinque anni di scrittura di straordinaria ampiezza. Come filo conduttore, un incontro tra due grandi identità che hanno fatto la storia del Novecento: l’ebraismo e la Germania.

Maxim Biller è figlio di ebrei russi, nato a Praga. A dieci anni si è ritrovato, dopo la Primavera di Praga, in Germania, in un mondo in cui essere ebrei era molto particolare. Per citare un personaggio di Saul Bellow: «Pensavo di restare in Germania per un po’, ma qui sono solo un ebreo ed è insopportabile».

Questi racconti sono pieni di una tensione sessuale… sono molto caustici, divertenti tanto che in passaggio di uno dei punti che abbiamo antologizzato viene riassunto come questa simbiosi tra ebrei e tedeschi, a seconda delle epoche, produce capolavori o cadaveri.

Fotografia © Elena Vozzi

 

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