La crisi non può che generare noir. Intervista a José Luis Correa

Non ho niente dell’eroe. Sarei incapace di dare uno schiaffo a una donna. Reggo poco l’alcol. E detesto le armi. È un detective sui generis, Ricardo Blanco, figura principale che si muove tra le pagine dei romanzi dello scrittore spagnolo José Luis Correa. 

Al centro di una serie di episodi concatenati, che possono essere letti e assaporati singolarmente, Blanco si ritrova invischiato in una serie di omicidi da risolvere, tutti ambientati nella suggestiva isola di Las Palmas de Gran Canaria. Nella terza avventura, La traccia della sirena (Del Vecchio, traduzione di Carlo Alberto Montalto, pp. 304, 13 euro) il corpo smembrato di una ragazza viene ritrovato su di una delle numerose spiagge che costellano l’isola. La polizia, come d’uopo, brancola nel buio e l’aiuto di Ricardo Blanco è più che mai necessario. Tra colpi di scena e inseguimenti, il lettore verrà catapultato nel mondo nato dalla fantasia di Correa, originario, esattamente come il suo detective, di Las Palmas.

Protagonista assoluto del romanzo La traccia della sirena è il detective Ricardo Blanco. Com’è nato questo personaggio?

Ricardo Blanco nasce come un omaggio ai protagonisti dei film noir che vedevo da giovane: Sam Spade o Philip Marlowe. Mi piaceva l’idea di creare un personaggio simile nelle strade di Las Palmas. Per questo motivo, mi sono orientato verso un detective e non un poliziotto, nonostante fossi a conoscenza del fatto che, in Spagna, i detective non ricevano tutela legale per risolvere gli omicidi.

Le somiglianze con i detective che ha citato sono evidenti. Blanco è ironico e sarcastico come Marlowe e, come Spade, ha una segretaria, Inés…

Sí, soprattutto nei primi episodi della serie. A partire dal terzo (“La traccia della sirena”, l’ultimo tradotto in italiano), Ricardo inizia a cambiare,  evolversi in un altro tipo di detective. Abbandona quell’aria da uomo duro per, potremmo dire, rendersi più attuale, a poco a poco. Al giorno d’oggi, Spade e Marlowe sembrerebbero grotteschi. Continuiamo a leggere le loro avventure ma il loro machismo risulta obsoleto.

Ricardo Blanco nasce come un omaggio ai protagonisti dei film noir che vedevo da giovane: Sam Spade o Philip Marlowe. Mi piaceva l’idea di creare un personaggio simile nelle strade di Las Palmas.

Las Palmas è lo scenario principale delle peripezie di Blanco. Un’isola dove i sapori della tradizione spagnola si mescolano con personaggi stranieri…russi, polacchi. Perché proprio Las Palmas? È meglio scrivere di ciò che si conosce bene?

Certo. Non avrebbe avuto senso scegliere un altro spazio narrativo. Per come si muove, per come parla, per com’è Ricardo stesso, Las Palmas de Gran Canaria era ed è la città giusta. Una città moderna, con un porto, un miscuglio di culture e di personalità…ed è, soprattutto, una città che conosco bene. Se avessi scelto un altro luogo mi sarei dovuto documentare e questo lavoro avrebbe richiesto tempo ed energie. Il noir è associato allo spazio artistico e Las Palmas è uno spazio artistico meraviglioso.

Il noir ha riscosso grande successo in Spagna. Come spiegherebbe questo fenomeno? Qualcosa di passeggero o un ritorno a un genere letterario dopo i fasti dei romanzi del grande Montalbán?

Il noir spesso nasce con la crisi. Se parliamo di Hammet e Chandler, parliamo anche della crisi del ’29, del proibizionismo, della comparsa delle mafie. Una crisi economica che degenera velocemente in crisi culturale e morale. È molto difficile scrivere romanzi, oggi, con quello che stiamo vivendo, che non siano noir. Vazquez Montalbán, Eduardo Mendoza, Juan Madrid sono i capisaldi di questo genere letterario in Spagna. Anche l’Europa – non solo il noir nordico- vive un momento propizio: pensiamo a Markaris, Camilleri…

Nel suo caso invece? Perchè ha deciso di dedicarsi a questo genere?

È un genere che da lettore e da spettatore mi è sempre piaciuto. Non credo che sia un genere minore perché affronta tematiche riscontrabili in romanzi di qualsiasi genere: la lotta tra il bene e il male, le passioni, le ombre e le luci umane, l’avidità, la vendetta e la paura… e ora, più che mai della disuguaglianza sociale, dell’ingiustizia. Ricardo vorrebbe riparare queste ingiustizie compatibilmente con le sue possibilità.

Il noir spesso nasce con la crisi. Se parliamo di Hammet e Chandler, parliamo anche della crisi del ’29, del proibizionismo, della comparsa delle mafie. Una crisi economica che degenera velocemente in crisi culturale e morale. È molto difficile scrivere romanzi, oggi, con quello che stiamo vivendo, che non siano noir.

Nella sua produzione, ancora inedita in Italia, sono presenti romanzi che non appartengono al ciclo di avventure del detective Blanco. Come descriverebbe questi testi?

Gli altri romanzi sono più intimi, più personali. Tutti si svolgono nella città di Las Palmas de Gran Canaria però i personaggi mi sono più familiari. In questi testi si parla di solitudine, angoscia, paura di morire e di personaggi perduti in cerca di risposte.

Quale romanzo di questa produzione vorrebbe che arrivasse per primo ai lettori italiani?

Penso a “Una canción para Carla” o all’ultimo lavoro “El Tanatorio”, pubblicato da ATTK in edizione digitale. Credo che per stile, tematica e humor potrebbe piacere molto ai lettori italiani.

Ritornando alla serie del Detective Blanco, saranno pubblicati altri romanzi in Italia?

Questo dipende dagli editori e dai lettori italiani. Mi piacerebbe che venissero pubblicati tutti. E mi piacerebbe presentarli proprio come i primi due romanzi a Milano, Roma e Napoli. È stata un’esperienza magnifica.

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