Tra folletti, elfi e macchine volanti. Il gigante sepolto di Kazuo Ishiguro

Dieci anni dopo l’uscita del distopico e struggente Non lasciarmiKazuo Ishiguro ritorna ai temi della memoria e dell’oblio. Lo fa con un romanzo – Il gigante sepolto (Einaudi, traduzione di Susanna Basso, pp. 316, 20 euro) – allegorico e ambizioso.  Nella Britannia del VI secolo perdura una pace imposta dal vecchio Re Artù dopo anni di lacerante guerra tra Britanni Sassoni. In questo scenario brumoso e sospeso si muove una coppia di vecchi coniugi – Axl Beatrice – pronti a intraprendere un cammino impervio e avventuroso alla ricerca del figlio perduto. I loro ricordi, così come quelli di ogni abitante del regno, sono destinati a scomparire: la causa sembra essere una strana nebbia che offusca e ottunde le menti. Draghi e folletti, monaci e cavalieri popolano le pagine del nuovo romanzo di Ishiguro, arricchito nell’edizione italiana da una copertina goticheggiante alla Game of Thrones, nata dalla creatività di Luca Barcellona.

Dieci anni dopo l’uscita del distopico e struggente Non lasciarmiKazuo Ishiguro ritorna ai temi della memoria e dell’oblio. Lo fa con un romanzo – Il gigante sepolto (Einaudi, traduzione di Susanna Basso, pp. 316, 20 euro) – allegorico e ambizioso.

Molti lettori e critici si sono domandati il perché di un testo connotato da caratteristiche proprie del genere fantasy. La risposta più esaustiva e interessante – a una domanda posta più e più volte, nel corso delle innumerevoli interviste – è arrivata nell’incantevole cornice del Circolo dei lettori di Torino, qualche sera fa: «Scrivere per me è come costruire una macchina volante: qualsiasi mezzo – genere – per farla volare». 

Come uno scienziato, intento a progettare un marchingegno capace di spiccare il volo, utilizza gli oggetti più disparati e improbabili per riuscire nel suo intento, così Ishiguro gioca con i generi, plasmando – nel caso de Il gigante sepolto – gli archetipi della tradizione fantasy per metterli al servizio del’interrogativo dal quale, anni fa, era partito: quando è meglio dimenticare e quando ricordare? 

Kazuo Ishiguro è riuscito a scrivere un romanzo universale, che si allontana dalle vicende specifiche di un solo popolo per abbracciare l’essenza dell’uomo nel suo essere singolo e parte di una collettività, intessendo una duplice e speculare riflessione su ricordo e memoria. Una storia godibile, da leggere – e conseguentemente interpretare – a più livelli. Perché la nebbia che avvolge e confonde Axl e Beatrice è decisamente più attuale di quanto, a prima vista, si possa pensare.

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