Il richiamo della foresta: intervista a Nicola Magrin

Potete scegliere di dormire in tenda – senza luce di notte che non sia quella delle stelle, per vivere in pieno l’esperienza «into the wild» – oppure optare per una delle strutture più tradizionali messe a disposizione dagli organizzatori. Di cosa stiamo parlando? Del Richiamo della foresta, il festival voluto da Paolo Cognetti a Estoul – una piccola frazione di Brusson, in Val d’Ayas – in una radura immersa in una foresta di larici, tra le cime della Valle d’Aosta care allo scrittore fresco vincitore del Premio Strega. Tre giorni fitti di appuntamenti, il 21, 22 e 23 luglio, tra arte, libri e musica – da Hervé Barmasse a Folco Terzani passando per Sergio Luzzatto, ai concerti rock di Amycanbe, L’Orage e Metrobrousse – per scoprire i diversi modi di vivere la montagna. A dare un volto e un’immagine riconoscibilissima a questo festival è stato chiamato Nicola Magrin, acquerellista capace, in pochi tratti, di ricreare universi in cui abbandonarsi è pura magia.

La tua arte è strettamente legata alla montagna. Dalla copertina di Le otto montagne al logo del Richiamo della foresta, il tuo percorso e quello di Paolo Cognetti sono stati paralleli. Come sei arrivato a questo festival?

Ho incontrato Paolo quattro anni fa, durante una presentazione del suo libro Il ragazzo selvatico. Cominciammo a chiacchierare, e fin da subito si creò una buona intesa: gli regalai il catalogo di una mostra che avevo fatto tempo prima, sulla vita in alpeggio. A quanto pare i miei quadri gli devono essere piaciuti davvero molto, tant’è che l’anno scorso – quando si trattava di cercare la copertina di Le otto montagne – ha fortemente voluto un mio acquerello. La scorsa primavera mi ha raccontato di questo bel progetto realizzato anche grazie a uno splendido gruppo di amanti della montagna: «Gli urogalli». Si tratta di un’idea di festival tutta nuova, che porterà arte, letteratura, musica e tanti amici in alta quota… Ci ritroveremo nei boschi di Estoul, in Valle d’Aosta, dove Paolo trascorre alcuni mesi l’anno.

In effetti non mancheranno le cose da fare e da vedere. Durante i tre giorni del festival ci saranno incontri con scrittori e montanari, una tavola rotonda con l’«Associazione Dislivelli», e ben tre concerti. Ma ci sarà anche uno spazio dedicato all’arte dal vivo, in cui sarai protagonista. Ci racconti in che cosa consisterà il tuo intervento?

Sulla scia dei lavori che ho già fatto per Paolo, sabato pomeriggio creerò un acquerello molto grande. Srotolerò nel bosco una carta di tre metri, e con i miei acquerelli vedrò delinearsi la traccia di un racconto… le prime sensazioni di un’avventura tutta da scoprire. Sono sincero: cosa dipingerò lo capirò solo al momento. Nel bosco, come sempre, mi farò guidare dalle mie emozioni.

Sembra che nell’ultimo periodo – nel cinema, nella letteratura, nelle arti figurative in generale – ci sia una rinnovata, forte attenzione tutta volta alla riscoperta delle storie ambientate in alta quota. Cosa rappresenta questo luogo per te? 

Hai ragione, in questi ultimi anni c’è molta più curiosità da parte di uomini donne e bambini nei confronti della montagna… Escono film coraggiosi, come Il vento fa il suo giro, o il recente Antonia, che racconta la vita della poetessa Antonia Pozzi. Fotografie di vette e di catene montuose appaiono sempre più di frequente sulle copertine dei libri, e i grandi scrittori di montagna, come ad esempio Enrico Camanni, sono finalmente disponibili non solo nelle librerie specializzate.

Srotolerò nel bosco una carta di tre metri, e con i miei acquerelli vedrò delinearsi la traccia di un racconto… le prime sensazioni di un’avventura tutta da scoprire.

Per quanto riguarda me, la montagna è il posto dove sto meglio in assoluto. Ognuno di noi, credo, ha un ambiente dove sente che il proprio corpo si rilassa, e la mente si distende. Lo capiamo da come dormiamo. Io sui monti mi sento leggero, felice. Sono a tutti gli effetti un uomo di città perché ci vivo e ci lavoro, ma devo ringraziare i miei genitori che fin da ragazzo hanno portato me e mio fratello sulle montagne della Valmalenco, in Lombardia. Insomma, è da quando ho sedici anni che trascorro le estati girovagando tra i monti. Dal momento che le mie esperienze personali vanno di pari passo con la mia arte è logico che nei miei quadri sia apparsa in maniera sempre più presente la natura e i suoi abitanti… Ripenso a un incontro che feci in Canada con un branco di lupi: mi ero emozionato così tanto che di ritorno in Italia le mie chiazze acquerellate – senza quasi che me ne rendessi conto – avevano preso la forma di un lupo. Un lupo molto simile a quello che ho dipinto per il manifesto della prima edizione di Il richiamo della foresta.

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