Il mio lockdown

Interviste dalla quarantena – Si faccia una vita interiore. Scrittori, traduttori, giornalisti e musicisti raccontano il loro isolamento – è un progetto di Francesca Pellas uscito a puntate sulla rivista L’Eco del Nulla.

Mentre i giorni della quarantena si accumulavano uno dopo l’altro e cercavo un modo per abitare la mia casa e me stessa senza farmi intimorire da questo tempo circolare – racconta Francesca Pellas – ho pensato spesso a una frase di Cesare Pavese che va bene un po’ per tutto, anche per mandare la gente a quel paese: «Si faccia una vita interiore». La frase intera, in realtà molto dolce, viene da una lettera a Fernanda Pivano, e dice: «Si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d’interessi umani che non siano soltanto di “arrivare”, ma di “essere” – e vedrà che la vita avrà un significato». È probabile che Pavese, andando spesso a trovare la sua amica Natalia Ginzburg a Gressoney, avesse preso in prestito l’espressione dal padre di lei, Giuseppe Levi, che quando i figli si annoiavano in montagna li sgridava tuonando: «Voialtri vi annoiate perché non avete vita interiore».

Sia come sia, la questione ci mostra una verità importante: se già normalmente è utile sapersi abitare ed essere in grado di muoversi nella propria topografia interna, figuriamoci quanto può diventarlo chiusi in casa durante una pandemia. Il bello della vita interiore, poi, è che può essere fatta di tante cose, non per forza di studio e di libri ma anche di musica, ricette, motociclette da riparare per tempi migliori, fiori da coltivare, yoga sul balcone. Così è nata l’idea di questa serie di micro interviste a persone che grazie a libri, musica e articoli ci fanno compagnia nelle nostre vite interiori, per andare a scoprire un po’ della loro – conclude Pellas.

Insomma, non so bene come (e di questo non finirò mai di ringraziarla), ma sono finita anche io in questo ciclo di super-interviste.

Dove stai trascorrendo il lockdown? Sei da sola o con qualcuno?
Sono in uno sperduto paesino delle valli piemontesi. Attorno a me il piccolo caos della campagna, in lontananza le taciturne montagne. Mi sono trasferita qui a inizio quarantena per stare – insieme al mio compagno – accanto a suo papà. Per me che sono nata e cresciuta vicino al mare, e che da qualche anno abito a Torino, questa quotidianità si sta rivelando un’esperienza del tutto inaspettata.

Stai bene? Come stanno i tuoi cari?
Sto bene. I miei genitori sono a Genova: questo tempo è stato scandito da innumerevoli videochiamate per ingannare le distanze. A segnare i giorni sospesi, c’è stata anche la schiusa delle uova – scoperte da mia mamma in un vaso del terrazzo – che un gabbiano ha deposto nella mia città di mare (mio papà ha installato una telecamera nascosta per documentare il tutto). Qui nelle valli piemontesi, invece, con mio suocero abbiamo dovuto affrontare una nuova realtà fatta fin da subito di mascherine, guanti e ospedali. Quello che a volte ci dimentichiamo, in questo nuovo presente dove l’unica cosa che sembra esistere è il Covid-19, è che purtroppo tutte le altre malattie – a differenza nostra – non si sono mai fermate.

Qual è la cosa che più ti manca del “prima”?
Andare nella mia libreria preferita, prendere un aperitivo con le amiche nei caruggi, poter decidere nel giro di poche ore se dormire a Milano, Torino o Genova. Avere la facoltà di scegliere.

Qual è la cosa che invece non ti manca?
I ritardi di Trenitalia, che infestavano la mia vita di pendolare tra Torino e Milano.

Puoi dire di aver imparato qualcosa, di te o in generale, in questo periodo di quarantena?
Ho imparato ad aspettare. E ad arrampicarmi sugli alberi.

C’è un’abitudine, o un nuovo rito, che hai acquisito?
Mentalmente calcolo sempre il fuso orario che mi separa dal Montana: dopo i miei genitori, la persona che ho sentito di più in questa quarantena è stata David Quammen.

Che cosa mangi quando vuoi farti un piccolo regalo? Se vuoi dacci la ricetta.
In assenza della focaccia – che nonostante le origini liguri non sono capace di fare in casa – direi la carbonara che mi cucina il mio compagno. Ricetta segreta.

Che cosa hai letto o stai leggendo?
Spillover di David Quammen è stato il mio personalissimo libro-antidoto contro la paura. Quando il rumore del mondo si è fatto troppo forte, invece, mi sono rifugiata nella raccolta di poesie Felice come la coda di un cane, di Anna Świrszczyńska. Poi ho fatto la conoscenza della famiglia Sartori, protagonista di Prima di noi di Giorgio Fontana – un romanzo indimenticabile.

Che film e serie tv hai visto o stai vedendo?
La casa de papelUnhortodoxNormal People. Ora sto guardando Servant. L’ultimo film visto al cinema è stato La ragazza d’autunno.

La migliore colazione possibile da fare a casa.
Spremuta d’arancia, yogurt, cereali, frutta fresca e caffè nero. Da consumarsi rigorosamente a letto, sfogliando gli inserti culturali del fine settimana.

La migliore colazione possibile da fare al bar e che ti manca.
Croissant alla marmellata d’albicocca e cappuccino con tanta schiuma.

La prima cosa che farai quando si potrà.
Riabbracciare i miei genitori e rivedere il mare. E poi, se non saranno già volati via, andare a sbirciare da lontano i cuccioli di gabbiano sul mio terrazzo.

Una frase che ti tiene compagnia.
«Intuiva il disegno di un progetto più ampio: la vita futura che scalpitava».

Qui potete leggere l’intervista completa: https://www.ecodelnulla.it/interviste-dalla-quarantena-francesca-marson-e-michael-reynolds

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