Un abbraccio la sera. La cioccolata calda. E le note di una vecchia canzone carica di ricordi. È semplice. Chiudete gli occhi, lasciate correre l’immaginazione e le troverete anche voi. Riuscirete a dirmi quali sono le piccole cose che vi regalano un attimo intenso di gioia. Si sviluppa attorno a questa semplicità spesso sottovalutata, la storia narrata da Caroline Vermalle, scrittrice francese, nel romanzo La felicità delle piccole cose (Feltrinelli, traduzione di Monica Pesetti, pagg. 218, 15 euro).
Sullo sfondo di una Parigi incantata, avvolta nella neve che cade copiosa, si scopre a poco a poco la storia di Frédéric Solis, avvocato di successo con una grande passione per i quadri impressionisti. L’esistenza, vuota e solitaria dell’uomo, verrà sovvertita dall’arrivo di una strana eredità: alcuni biglietti e una mappa che lo condurranno sulle tracce del proprio passato. Una favola moderna sull’importanza dei legami affettivi e sulla riscoperta delle piccole gioie quotidiane.
Quando e perché ha deciso di diventare una scrittrice?
Avevo otto anni. Contemporaneamente ho deciso che sarei stata un’esploratrice, una regista, un’arredatrice e un’archeologa. Oggi ho 41 anni, ho spuntato un po’ di cose di questa lista ma non ho ancora finito.
Com’è nata l’idea di scrivere La felicità delle piccole cose?
Mi trovavo nel giardino di Giverny, un giorno all’alba, sola. La mia fervida immaginazione non ha potuto fare a meno di pensare che Claude Monet fosse lì e mi stesse parlando. Da quel momento in poi, sapevo che avrei scritto su di lui.
Avevo otto anni. Contemporaneamente ho deciso che sarei stata un’esploratrice, una regista, un’arredatrice e un’archeologa. Oggi ho 41 anni, ho spuntato un po’ di cose di questa lista ma non ho ancora finito.
Nel romanzo sono presenti numerosi riferimenti agli Impressionisti. Come si è documentata?
Precedentemente ho lavorato in ambito televisivo e ho prodotto una serie della BBC dedicata agli Impressionisti. Ho passato mesi a fare ricerche, sono andata in tutti i luoghi nei quali erano vissuti gli Impressionisti – sono state fatte riprese lì o, in alternativa, sono stati ricreati appositamente da un team di scenografi. È stata un’esperienza importante, che mi ha dato una conoscenza degli Impressionisti che non avrei mai avuto se avessi semplicemente letto dei libri… e anche del materiale sul quale scrivere: molti di questi posti sono descritti ne La felicità delle piccole cose.
Frédéric Solis, il protagonista principale, è quasi ossesionato dai dipinti impressionisti che hanno come soggetto i paesaggi innevati. Quale tra i pittori appartenti al gruppo dei così detti Les Refusés preferisce?
Come personaggio, preferisco decisamente Claude Monet, per la storia della sua vita, la personalità e perché ci ha lasciato non solo dei quadri –e che quadri!- ma anche un giardino, un’idea di bellezza vivente che va oltre l’arte stessa. Se parliamo strettamente solo di arte, preferisco Edoard Manet. Ma non ha mai riprodotto paesaggi innevati… quindi Monet, Pissaro e Sisley che sono anche i veri protagonisti del mio romanzo.
Come personaggio, preferisco decisamente Claude Monet, per la storia della sua vita, la personalità e perché ci ha lasciato non solo dei quadri –e che quadri!- ma anche un giardino, un’idea di bellezza vivente che va oltre l’arte stessa.
Parigi è lo scenario principale del romanzo. È descritta come una città incantata e caratterizzata da un’atmosfera unica. Se dovesse consigliare un posto non turistico, poco conosciuto, quale sarebbe?
Parc des Buttes Chaumont. In qualsiasi stagione, sia che sia bello o brutto tempo, la mattina presto, durante la settimana, quando non c’è nessuno. È davvero un posto magico.
Sta lavorando a un nuovo progetto? Può darci qualche dettaglio?
Non posso parlare del progetto al quale sto lavorando dal momento che sono davvero superstiziosa! Ma posso parlare del mio nuovo libro: è ambientato in una piccola cittadina di mare, in Francia, e racconta l’improbabile storia d’amore tra un meccanico e una violoncellista che uniscono le forze per salvare un vecchio cinema. Questa volta a ispirarmi non sono stati gli Impressionisti ma i meravigliosi film francesi degli anni ’30. Si intitola Nostalgia of Happiness e credo che i lettori che hanno amato La felicità delle piccole cose, apprezzeranno anche questo libro.